Vivisezione e status morale degli animali |
Page 1 of 11 Marco Valussi
The day may come when the rest of the animal creation may acquire those
rights which never could have been witholden from them but by the hand
of tyranny. The French have already discovered that the blackness
of the skin is no reason why a human being should be abandoned without
redress to the caprice of a tormentor. It may one day come to be
recognized that the number of the legs, the villosity of the skin or
the termination of the os sacrum are reasons equally insufficient for
abandoning a sensitive being to te same fate. What else is it that
should trace the insuperable line? Is it the faculty of reason,
or perhaps the faculty of discourse? But a full-grown horse or a
dog is beyond comparison a more rational, as well as a more conversable
animal, than an infant of a day or a week, or even a month, old.
But suppose they were otherwise, what would it avail? The
question is not, Can they reason? nor can they talk? but Can they
suffer?
(Bentham (1789) Introduction to the Principles of Morals and Legislation, Capitolo 17, nota a piè di pagina).
Preambolo
Il problema che intendo analizzare in quest'articolo, è quello dell'uso
(e della sofferenza e/o morte che ne possono derivare) d'animali non
umani (d'ora in poi “animali”) per la predizione di risultati e/o la
conferma d'ipotesi riguardo agli esseri umani. Intendo affrontare il
problema sia dal punto di vista etico sia dal punto di vista
scientifico.
La discussione in questo campo è molto polarizzata; questa
caratteristica impedisce sovente di avere un'idea chiara del problema e
delle proposte in campo. Da entrambi i campi sono usati argomenti
ad personam e da “uomo di paglia”, la demonizzazione dell'avversario è
comune, come il passaggio indebito da valutazioni d'ordine morale del
problema a giudizio morale sui singoli individui o gruppi di persone,
in un campo nel quale si è lontani da un sentire etico condiviso.
E' indubbio che negli ultimi decenni l'opinione del mondo biomedico
riguardo al problema morale posto dalla sofferenza e dalla morte degli
animali sia cambiata e si presenti molto più variegata. In
particolare gli autori più sensibili al problema hanno dichiarato la
necessità di supportare la politica delle 3R (Replacement, Reduction,
Refinement, vale a dire rimpiazzo, riduzione e affinamento) come
rimedio all'utilizzo inutile, irrilevante e ripetitivo degli animali
come modelli (vedi ad esempio Smith 2001; Balls 1996; Balls 1995; ed
anche www.frame.uk.demon.co.uk).
D'altro canto in molti casi anche quest'appello rimane inascoltato e le
posizioni degli antivivisezionisti sono tacciate d'irrazionalismo o
zoofilia.
Le posizioni di certi settori dell'antivivisezionismo sono, d'altra
parte, in certi casi difficilmente accettabili, perché si arroccano
dogmaticamente su argomenti insostenibili come l'assoluta uguaglianza
tra diversi tipi d'animali o la santità della vita. Questa
posizione a mio parere poco ha a che vedere con una valutazione
razionale ed etica del problema. E' molto più utile riconoscere
le grandi variazioni nella possibilità di soffrire degli animali che
promuovere dogmi non supportabili circa l'universalità e l'uguaglianza
del dolore. Il mito sulla santità della vita è un'arma a doppio
taglio: può servire per convincere persone che mancano di strumenti
critici ma al prezzo d'ipocrisie offensive o autoinganni. Meglio
rinforzare nelle persone l'apprezzamento per gli argomenti non
assolutisti e non dicotomici rispetto ai problemi morali, argomenti che
si basano, come vedremo più avanti, sulla nostra crescente conoscenza
del cervello e della sua evoluzione.
La tesi sostenuta in quest'articolo si divide in tre argomenti:
1. Il problema della sperimentazione animale è un problema moralmente rilevante.
2. Le scelte di politica scientifica non sono indipendenti dalle ragioni extrascientifiche.
3. I modelli animali generalmente utilizzati in biomedicina non sono
predittivi ma meramente euristici. Come tali non servono al
compito più importante per il quale sono usati: convalidare delle
ipotesi sugli esseri umani; come strumenti meramente euristici sono
probabilmente sostituibili da altri modelli non senzienti.
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