Phyllantus

Phyllanthus niruri L.; Phyllanthus amarus L

Farmacologia

  • Antivirale

    Risale al 1982 la prima dimostrazione che l'estratto di Phyllanthus amarus ( originariamente classificato come Phyllanthus niruri) produce una consistente inibizione in vitro del titolo dell'antigene di superficie del virus dell'epatite B (Thyagarajan et al. 1982) Un estratto acquoso di Phyllanthus niruri è stato successivamente in grado di inibire l'attività delle DNA polimerasi endogene e di diminuire i livelli di antigene di superficie del virus dell'epatite B nella marmotta (WHV), un modello animale in cui questa malattia è simile a quella dell'uomo. In sei marmotte portatrici da lungo tempo del virus WHV, la somministrazione di detto estratto è stata in grado di indurre una rapida diminuzione del titolo dell'antigene di superficie rispetto al gruppo controllo. Negli animali infettati di recente con WHV, l'estratto risultava essere in grado di eliminare in 3-6 settimane dal siero sia il titolo antigenico che l'attività della DNA polimerasi virale , solo se somministrato per via i.p e non os. Terminata la somministrazione dopo 10 settimane, gli animali trattati rimanevano liberi dai markers per più di 45 settimane (Venkateswaran et al. 1987).
    Recentemente Lee e coll. (1996) hanno dimostrato come un estratto di Phyllanthus amarus sia in grado di inibire in culture cellulari di epatociti umani HepG2 infettati con virus dell'epatite B, l'attività della polimerasi virale, il contenuto cellulare di DNA episomale ed il rilascio del virus nel medium cellulare. Presi insieme questi dati sosterrebbero il concetto che gli estratti di Phyllanthus amarus e di P. niruri abbiano un effetto benefico sulle epatiti di tipo B, probabilmente attraverso l'inibizione dell'attività delle polimerasi, della trascrizione del mRNA e della replicazione virale. Tali dati sono stati in parte contestati dai risultati di Niu e coll. (1990) che ha rilevato come la somministrazione di estratti di Phyllanthsu amarus non producevano alcuna significativa riduzione del DNA virale circolante nel siero e della replicazione dello stesso nel fegato in anatre congenitamente infettate con virus dell'epatite B.
    Anche l'azione sull'antigene di superficie del virus dell'epatite B era in questo esperimento abbastanza lieve.
    Una possibile spiegazione per simili discrepanze potrebbe essere riconducibile al tipo di materiale vegetale impiegato, al periodo e al luogo di raccolta, all'età della pianta, etc etc.
    In una serie di esperimenti in vitro Unander e coll. (1990) hanno dimostrato come il contenuto di fertilizzante del suolo e l'umidità dello stesso siano in grado di influenzare l'attività inibitoria degli estratti di P. amarus sulla polimerasi virale; nello stesso esperimento gli Autori hanno dimostrato come sussista una variabilità genetica nell'attività antivirale di esemplari di P. urinaria coltivati da semi provenienti dall'India, dalla Costa d'Avorio, dalle Hawaii, da Puerto Rico e da Trinidad. Tale dati diventano cruciali se consideriamo che a tutt'oggi non sappiamo quali siano i principi attivi responsabile dell'attività antivirale nel genere Phyllanthus.

    Infine vanno citati i recenti risultati ottenuti da Ott e coll. (1997) che dimostrano come l'estratto di P. amarus sia in grado di sopprimere l'attività del virus dell'epatite B (HBV) attraverso l'interruzione dell'interazione tra promotori virali e fattori di trascrizione cellulari. Questo specifico meccanismo d'azione è probabilmente alla base dell'azione inibitoria degli estratti di questa pianta sulla attività della polimerasi virale, della trascrizione del mRNA e della replicazione del virus.

    I promettenti dati in vitro hanno portato alla realizzazione di alcuni studi clinici preliminari. Il primo studio venne realizzato somministrando un preparato di 200 mg. di polvere secca di Phyllanthus amarus, tre volte al giorno, per 30 giorni a 37 soggetti portatori di epatite virale B. Dopo 15-20 giorni 22 dei 37 (59%) pazienti trattati aveva perso l'antigene di superficie del virus dell'epatite B, rispetto ad uno solo (4%) dei 23 soggetti controllo (Thyagarajan et al. 1988). 13 tra i 14 (93%) soggetti che all'inizio erano positivi per HBsAg ma negativi per HBeAg e anti-HBc IgM negativizzarono il loro stato. Dei 9 soggetti trattati che erano positivi per HBsAg e HBeAg ma negativi per anti-HBcIgM, solo 4 di 9 (44%) negativizzarono il loro stato. Degli 8 soggetti positivi per tutti e tre i marker, solo 1 (13%) negativizzò il suo stato, mentre 4 dei 6 soggetti trattati (67%), che erano positivi per HBsAg e anti-HBc IgM, ma negativi per HbeAg, avevano perso lo stato di portatori. Nel complesso i soggetti HBsAG-positivi e HBeAG-positivi rispondevano meno al trattamento rispetto a quelli HbeAg-negativi.
    A parte la non risposta, nell'uomo rispetto alle marmotte, dei soggetti HBeAg-positivi al trattamento, questo studio suscitò molto interesse e molte perplessità (in particolare per il ristretto numero di soggetti nel gruppo controllo, il follow-up condotto a meno di 6 mesi ed i criteri di interpretazione dei risultati). Studi clinici successivi non confermarono questi risultati o li confermarono solo parzialmente. Uno studio cross-over su 10 soggetti HbsAg-positivi da oltre 1 anno trattati con tre capsule al giorno di 200 mg di P. amarus per 28 giorni (seguiti da 28 gg. di trattamento placebo) o da tre capsule di placebo per 28 gg. seguiti da 200 mg di P. amarus in polvere non evidenziava significativi cambiamenti nei markers virali (HbsAG, HBeAg e livelli HBV DNA) (Berk et al. 1991).
    Un altro studio effettuato su 28 soggetti, cui sono stati somministrati 250 mg di polvere secca di Phyllanthus amarus, 4 volte al giorno per 28 gg, seguiti da capsule da 500 mg dello stesso preparato , 4 volte al giorno, per altre 4 settimane, non ha portato ad alcun beneficio per quanto riguarda la presenza di HBsAg (Doshi et al. 1994).
    Uno studio è stato realizzato su 65 soggetti, asintomatici ma portatori per più di sei mesi di positività per l'antigene del virus dell'epatite B. 34 soggetti hanno ricevuto 600 mg/die di polvere secca di Phyllanthus amarus per 30 gg e 31 una sostanza placebo per lo stesso periodo: a partire dal 30° giorno il primo gruppo continuava ad assumere 600 mg/die di pianta in toto polverizzata , mentre il gruppo placebo passava all'assunzione di 1200 mg/die per altri 30 gg. Per quanto riguarda la sieroconversione dell'HBsAg non sussistevano differenze significative tra i due gruppi e l'effetto dell'assunzione del preparato veniva considerato non significativo (Thamlikitkul et al 1991).
    La discordanza tra questi risultati e quelli dello studio Thyagarajan et al può essere attribuita a vari fattori: variabilità del materiale vegetale impiegato, criteri di arruolamento della popolazione (ad esempio differenze nell'età nei soggetti, livelli del titolo antigenico, etc) o della specie impiegata.
    A parte le problematiche tecniche legate alla realizzazione degli studi, due importanti questioni vanno considerate nella valutazione di questi risultati. Nella valutazione delle proprietà antivirali del genere Phyllanthus non conosciamo a tutt'oggi quali possano essere i principi attivi.
    I tannini, del tipo dell'acido ellagico, riportati nella pianta (Foo 1993) sono attivi contro numerosi virus di piante e animali. Uno studio neozelandese fu effettuato su 105 portatori cronici di virus del'epatite B, dividendoli in due gruppi e somministrando al gruppo trattato 290 mg di estratto secco di P. amarus, corrispondenti a 20 mg di geraniina/die (un tannino, dotato di attività antivirale): nessun beneficio significativo è stato osservato rispetto al gruppo placebo per quanto riguarda i livelli di HbsAg (Milne et al. 1994).
    Un candidato forse più probabile potrebbe essere l'ipofillantoina, un lignano , che in altri studi ha dimostrato un'attività antivirale piuttosto ampia. In ogni caso la fillantoina e l'ipofillantoina sonoi composti che in test in vitro hanno dimostrato la maggior attività eppatoprotettiva (Syamasundar et al. 1985) in vitro. Sfortunatamente fino ad oggi nessun studio clinico è stato condotto con preparati standardizzati in questi composto.

    Anche sulla specie da impiegarsi non esiste un completo accordo: nonostante tutti gli studi siano effettuati prevalentemente sul Phyllanthus amarus, un recente lavoro cinese su 123 pazienti, di cui 11 ricevevano 300-900 mg polvere secca di Phyllanthus amarus , 42 soggetti 300-900 mg di polvere secca di Phyllanthus niruri e 35 soggetti 300-900 mg di povere secca di Phyllanthus urinaria, mostrava un beneficio clinico sui livelli di HbeAg, nei gruppi trattati con P. niruri e P. urinaria ma non in quello trattato P. amarus. (Meixia et al. 1995).

  • Diuretica

    Le piante del genere Phyllanthus sono in grado di modulare la contrazione della vescica urinaria provocato da vari neurotrasmettitori . Questo meccanismo risulta indipendente da quella della acetilcolina, dei meccanismi adrenergici o peptidergici (Calixto et al. 1998).

  • Epatoprotettiva

    La phyllanthina, l'ipophyllanthina, il triacontanale e il tricontanolo sono in grado, in misura diversa, di proteggere gli epatociti di ratto, in cultura, dall'azione del tetracloruro di carbonio e della galattosamina (Kodakandla et al 1985).

  • Ipoglicemizzante

    Dati sperimentali suggeriscono che le foglie di Phyllanthus niruri possano ridurre la glicemia.


Glossario