Cimicifuga

Cimicifuga racemosa L.

Tossicità

Gravidanza
Nessun aumento provato della frequenza di malformazioni o altri effetti negativi sul feto nonostante il consumo da parte di un gran numero di donne.
In un test di sicurezza su 400 donne in postmenopausa con deficienza estrogenica (20) non sono stati osservati iperplasia o altri outcome più seri a livello dell’endometrio, e lo spessore dell’endometrio è rimasto invariato.

Da una review dei dati di sicurezza in gravidanza (21) risultano quattro rischi potenziali:
1. effetti di induzione del parto
2. effetti ormonali
3. proprietà emmenagoghe
4. effetti anovulatori.

La conclusione è che la CR dovrebbe essere usata con cautela in gravidanza, in particolare durante il primo trimestre, e che se ne scoraggia fortemente l'uso durante l'allattamento al seno


Reazioni avverse
Generalmente modesti effetti collaterali gastrointestinali
Può causare reflusso gastroesofageo (inferenza da contenuto in saponine)
La pianta fresca in grandi quantità può causare gastroenteriti e coliche
In larghe dosi può causare diarrea, giramenti di testa, mal di testa di tipo frontale, bradicardia, nausea e vomito.

Associazione a lesioni epatiche
Già da alcuni anni erano stati notati dei casi di sospetta epatotossicità collegati all’uso di estratti a base di CR, e questo fatto aveva portato alcune autorità governative ed istituti di ricerca a fare alcuni passi per stabilire meglio i livelli di rischio.
Nel novembre del 2004 negli USA, il National Institute of Health organizza un workshop sulla sicurezza della CR che analizzi i casi di effetti collaterali presenti in letteratura. Le conclusioni del seminario sono che “non vi è evidenza adeguata che la CR sia causalmente associata ad epatotossicità”, ma prescrivono anche il monitoraggio dei livelli di enzimi epatici negli studi clinici futuri. (22).
Nel febbraio del 2006 la TGA (Therapeutic Goods Administration) australiana decide, dopo un’analisi di 47 casi sospetti, di modificare le etichette dei prodotti contenenti CR con un avvertimento sui possibili problemi epatici, nonostante i dati fossero dei tutto insufficienti a mostrare un qualche legame tra l’assunzione di CR ed i fenomeni d’epatotossicità, (23).
Nel luglio dello stesso anno la MHRA (Medicines and Healthcare Regulatory Agency) del Regno Unito pubblica un documento nel quale raccomanda la modifica delle etichette dei prodotti contenenti CR (24). Nello stesso giorno l’EMEA, in un altro documento, raccomanda ai pazienti di prestare attenzione a sintomi di patologie epatiche, ed ai medici di controllare se i propri pazienti stiano assumendo CR (25). Questi due documenti seguono una indagine dettagliata dei casi in letteratura, l’analisi più completa tra quelle fino a quel momento eseguite. L’agenzia infatti analizza 42 casi, valutandoli secondo la scala RUCAM (26).
L’EMEA conclude l’analisi dei casi dicendo che: “tutti i casi discussi (...) sono male documentati”, ma ciò che balza subito all’occhio è che dei 42 casi analizzati, solo 16 sono risultati sufficientemente documentati per poter essere valutati, e di questi solo 4 hanno mostrato una certa connessione temporale. Di questi 4 casi rimanenti, solo per uno il legame causale tra assunzione di CR e effetti avversi viene giudicato probabile: una donna di 57 anni, sofferente di molteplici malattie, che accusa sintomi di epatite dopo l’assunzione di CR, ma che assumeva anche un farmaco potenzialmente epatotossico (Verapamil) e per la quale è ipotizzabile anche una epatite autoimmune (27). Per gli altri casi si va da un legame possibile, in un soggetto che ha assunto dosi doppie rispetto alla dose consigliata (26) ad un legame poco probabile in una donna di 54 anni che però assumeva anche fluoxetina, propoxifene e paracetamolo, e 1 o 2 bicchieri di vino al giorno (28). Dato che l’interazione tra i farmaci porta a livelli ematici più elevati dei farmaci stessi, e l’associazione con il vino porta ad un rischio di effetti epatotossici, il legame causale con CR è debole.
Un quarto caso, di una donna con epatite autoimmune che assumeva dosi fino a 12 volte superiori a quelle consigliate, e che l’EMEA valutava da possibile a probabile (29), deve essere rivisto alla luce di recenti ammissioni da parte della paziente stessa, che ha rivelato in sede giudiziale di stare assumendo anche ibuprofene, eritromicina e Valtex, e di bere con regolarità alcolici. Vista la rilevanza sui livelli di enzimi epatici di queste assunzioni, il caso va sicuramente stralciato e rivalutato.

Questo ci lascia ci lascia con una pianta clinicamente efficace, con un buon profilo di sicurezza, in utilizzo da anni in UE, USA ed Australia, con milioni di dosi utilizzate ogni anno, a fronte di un caso di probabile legame con epatotossicità in una donna che assumeva anche farmaci epatotossici, due casi di possibile o poco probabile legame, e poco altro. Nessun caso certo, vale la pena sottolinearlo, è stato pubblicato in letteratura.
Le opinioni sia di enti scientifici che di personalità nel campo della ricerca sulle piante medicinali sono concordi. Secondo l’AMFIT (Associazione Nazionale Medici Fitoterapeuti) si tratta di un “clamore paradossale” (30), secondo l’EHPA (European Herbal Practitioners Association) “il caso italiano un chiaro esempio di iperreattività” (31), secondo l’ABC (American Botanical Council) “non vi sono evidenze scientifiche che supportino la connessione tra la pianta e i casi di epatotossicità, e la CR ha mostrato un livello elevato di sicurezza in vari studi clinici ed in annidi utilizzo” (32).
Il documento dell’EMEA è eccessivamente allarmistico e la reazione italiana è andata addirittura al di là delle indicazioni dell’EMEA, senza alcuna giustificazione scientifica.


Glossario